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giovedì 25 febbraio 2010

Zelig


E’ sfuggente ed ibrido come il mercurio; ha le stesse duttilità e mancanza di forma del metallo liquido. Acquisisce l’aspetto che più aggrada alla sua platea, nessuno ricorda più le sue vere fattezze. Incudine, martello: l’importante è continuare a battere, a fare rumore. Del senso delle sue parole pochi si ricordano, resta avvolto nella nubbia. Zelig sfrutta le sue doti di trasformista imbonitore. Avanti, indietro. Rosso con i rossi, nero fra i neri. Millanta così l’appartenenza alla destra europea di fronte agli imprenditori, assume posa da ultrasindacalista tra gli operai. Rimpiange i fasci sugli edifici del Ventennio a Salerno, a Napoli elogia Bassolino, stritolato come vittima sacrificale da un sistema perverso. Sì, proprio la stessa persona che fino a qualche settimana fa, lo aveva graziosamente omaggiato di offese di ogni tipo, al limite della querela penale.
Raccogliere un florilegio delle sue dichiarazioni getta nello sconforto. Cosa vuole davvero? Anche Sherlock Holmes getterebbe la spugna. Chi è disposto a credergli? Soprattutto quale versione della sua maschera è la definitiva? Fosse un software, occorrerebbe effettuare ogni due ore un download con gli aggiornamenti del programma. In questo primo scorcio di campagna elettorale, ne ha dette abbastanza da mandare in tilt un computer di ultima generazione. Figuriamoci come debbono sentirsi le orecchie dei frastornati campani. Tutto fumo, poco arrosto: l’uomo più che libero è campione di parole in libertà, virtuoso delle esternazioni senza rete. In questo caso, rischi non ce ne sono. Il suo rimarrà solo esercizio di cabaret.

Scricciolo

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